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Ucraina Russia, news sulla guerra di oggi
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A Firenze, a Palazzo Strozzi e al Museo del Bargello, dopo 36 anni, una mostra-evento riunisce tra le 130 opere esposte una cinquantina di capolavori del grande artista fiorentino che nel Rinascimento sconvolse i canoni della scultura, innovando il genere
Non c’è materia che sia marmo, legno, pietra, bronzo, stucco, rame sbalzato, cartapesta, paste vitree, ceramiche, terracotta (anche policroma e dorata come quella straordinaria Madonna Vettori venduta nel 1881 dall’antiquario fiorentino Stefano Bardini al direttore del Louvre) in cui il grande scultore Donatello non abbia eccelso. Legatissimo a Cosimo de’ Medici, che alla sua morte lasciò in eredità all’anziano scultore un podere che gli diede però così tanti grattacapi da restituirlo ben presto al “mittente”, fu però conteso da un’altra grande città delle arti, quella Padova di Giotto, dell’università plurisecolare e del culto di Sant’Antonio, dove la statua equestre del Gattamelata davanti alla Basilica è un massimo esempio di monumentalità (a seguito di un progetto conservativo verrà oggi sostituita con una copia), mentre per la chiesa eseguì per l’altar maggiore numerose opere come i santi , il rilievo in bronzo il Miracolo del figlio pentito (potente e affollata scena in cui una splendida architettura dorata fa da sfondo alla narrazione), e poi Il miracolo della mula , tra i prestiti ottenuti.
Gallery: Donatello, il divin scultore
Il trionfo della maternità Però è naturalmente Firenze il luogo dove l’azione dell’artista si sviluppò nella sua massima pienezza . E che oggi lo celebra a distanza di 36 anni dall’ultima mostra con un vero evento a Palazzo Strozzi e al Museo nazionale del Bargello (custode del più importante nucleo di opere al mondo) di grandissimo respiro internazionale, voluto dai rispettivi direttori Arturo Galansino e Paola D’Agostino, in collaborazione con gli Staatliche Museen di Berlino e il Victoria &Albert Museum di Londra. Entrambe le capitali ospiteranno la mostra dopo l’inaugurazione fiorentina. Sono quattordici le sezioni della mostra Donatello e il Rinascimento (curata da Francesco Caglioti, dal 19/03 al 31/07), che raccoglie 130 opere, anche di altri artisti coevi come Desiderio da Settignano, Masaccio, Mantegna, Giovanni Bellini, Andrea del Castagno, poi Michelangelo. Intrecciando così più aspetti dell’arte del Quattrocento che ebbe nel fiorentino Donatello (1386 circa-1466), uno dei massimi fautori, riscoperto nell’800 dagli storici dell’arte stranieri. Le Madonne sono tra i capolavori che vedremo. Nel raffigurarle, Donatello v’infonde un moto dell’anima e degli affetti (vera novità nella scultura). Tra le tante basta soffermarci sulla Madonna Pazzi da Berlino o sulla Madonna delle nuvole (1425/1430 circa), proveniente dal Museum of Fine Arts di Boston. Un piccolo rilievo in marmo (33x32 centimetri) in cui l’artista, nel formato della devozione domestica, racchiude a figura intera sia la Vergine che il Bambino, riuscendo a rendere meravigliosamente tenero il rapporto tra lei (di profilo) e il Bambino che, con le manine, si aggrappa alla Santa Mamma, il cui panneggio delle vesti è un solo fluire di pieghe. L’influsso di Donatello, e in particolare di quest’opera, si farà poi sentire nella Madonna della scala di Michelangelo (qui esposta). Diversamente dolce è la Madonna Dudley (dal Victoria &Albert Museum), il cui capo è sormontato da un’aureola schiacciata. Non è la sola invenzione che Donatello introdusse via via nella sua opera, innovando e reinventando diversi generi, reinterpretando anche lo spirito della scultura antica, greca o romana . Secondo il curatore Caglioti, Donatello era talmente conscio della sua bravura da potersi permettere qualsiasi licenza, stravolgendo i canoni finora rispettati dagli artisti, come quando scolpisce quella Madonna con il Bambin Gesù che da le spalle all’osservatore.
Però è naturalmente Firenze il luogo dove l’azione dell’artista si sviluppò nella sua massima pienezza
L’immagine del Cristo morto, sorretto dagli angeli, è presente con uno struggente marmo (il viso dell’angelo alla sinistra è così realistico nel suo dolore da commuovere) dal Victoria & Albert, poi con un bronzo parzialmente dorato (prestito della Basilica di Sant’Antonio di Padova) e a queste due opere vengono associate opere di altri autori, come la tempera su tavola Imago Pietatis di Giovanni Bellini. e quella di Marco Zoppo. Il Convito di Erode commissionato nel 1423 (per il fonte battesimale del Battistero di Siena), e dopo il restauro eseguito ad hoc per questa mostra, viene qui presentato per la prima volta fuori dal suo contesto. È un bassorilievo in cui l’artista fa magistralmente ricorso alla prospettiva entro cui costruire, con un preciso punto focale e con sapienza drammaturgica , la scena della consegna della testa mozzata del Battista (episodio già dipinto nel 1320 da Giotto nella Cappella Peruzzi in Santa Croce a Firenze e da Pietro Lorenzetti nella chiesa dei Servi a Siena nel 1340). Donatello aveva di certo osservato i due riferimenti trecenteschi, lui però, con questo bronzo dorato, ci mette di fronte a un nuovo realismo visivo, a una modernità del sentire, che gli altri due artisti, figli della loro epoca, non avevano allora realizzato. Lo stesso soggetto del Convito viene da lui ripreso nel 1435, con un nuovo impianto scenico, in un bassorilievo di marmo, oggi a Musée des Beaux-Arts di Lille. La chiusa finale della mostra ci proietta nella monumentalità con il Protome di cavallo del 1456, frammento per il mnoumento equestre (incompiuto) per Alfonso d’Aragona, re di Napoli. A chi non bastasse questa mostra che è un unicum irrepetibile per la qualità e quantità di prestiti, può vedere altre sue meraviglie al museo dell’Opera del Duomo, o andare a zonzo per Firenze . Così vedrete il Profeta e la Sibilla sulla Porta della Mandorla della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, nella Basilica di Santa Croce l’Altare Cavalcanti , o a Orsamichele, in alcune nicchie, le copie delle statue che furono commissionate a Donatello dalle corporazioni fiorentine.
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