quel giovane uomo delle scatole del plasmon impigliato nella memoria… – PiemonteTopNews

2022-10-09 16:32:58 By : Ms. Wendy Wu

questa è la pubblicazione di una serie di racconti che rimandano al tempo passato. sono 12 +1. dodici come le ore (nell’ordine: la sveglia / l’uomo del plasmon / tra linee rette e curve / condor n. 5 / magellano / rai radiotelevisione italiana / bwv565 / italia ‘61/ 48714 / la 500 da corsa / la racchetta di rod laver / il giro di sol) più uno dedicato all’orologio del minareto della moschea di testour (tn) dove questa idea di ritornare indietro nel tempo è nata. in ogni racconto è riportata una pagina di immagini che rimandano al testo e quella dell’oggetto/scultura con l’inserimento di un orologio dal movimento antiorario. 

l’uomo del plasmon

vero: chi ha vissuto la propria infanzia sotto la guerra (anche solo negli ultimi anni. nel mio caso sto parlando della seconda guerra mondiale) ha sempre avuto a che fare con la fame, soprattutto se non aveva un pezzo di terra da coltivare. beh, anche se si era sfollati in un paese (gassino torinese) casa mia non l’aveva. e non perché fossimo snob. ma perché quella era stata l’unica sistemazione possibile. piazza chiesa. primo piano. servizio essenziale (alla turca) esterno al fondo del balcone lato cortile. oggi (anno 2021) accanto agli uffici comunali. meglio di niente. già i più fortunati erano i contadini. però noi non lo eravamo. papà era a servire la patria da richiamato e mamma a letto ingessata per tanti anni. le sue ossa continuavano a rompersi per via della tbc1.

a natale avevamo persino qualche mandarino appeso all’albero. beh, certo niente a che vedere con la frutta secca degli anni successivi a torino. le banane tagliate a fettine. negozio: via santa chiara. angolo via bellezia. anche se di biscotti devo averne mangiati davvero pochi ricordo ancora oggi il gusto dei mellin2. che però confondo con quelli del plasmon3.

era un tempo in cui il pane bianco lo chiamavamo pagnotta di torta4. però anche il dottor serafini era bravo. quando veniva a visitare la mamma, che era sempre chiusa nel suo gesso, ci faceva le ricette per il rim5. che erano caramelle proprio buone. molli. sapevano di frutta. beh anche se adesso non sono più sicuro. forse le confondo con i fruttini6 zuegg. che però ho incominciato a mangiare solo quando sono ritornato a torino.  avevo persino i formaggini. quelli tigre7. meno cari dei mio8. beh. comunque le rim erano speciali.

anche se di quelle caramelle non ne avevamo bisogno. servivano per fare la cacca. ma per farla avremmo dovuto mangiare qualcosa. uffa, è un vecchio discorso. non sempre nella spazzatura si trovava qualcosa da mangiare. gesù, tutti mangiavano sempre tutto. mah.  qualche volta però le caramelle le facevamo in casa. quando c’era lo zucchero. lo si faceva sciogliere in un tegamino sulla piastra della stufa e poi lo si versava sul marmo del tavolo di cucina. il nostro era rotto. ma così era meglio perché il caramello era durissimo da spezzare. con un coltello. per punta. e un sasso come martello. poi i pezzetti si mettevano in una scatolina e si portavano a scuola nel cestino. la mia scatolina era la pasticca del re sole9. arrivata a casa nostra non so come. il cestino di vimini quando sono diventato più grande (almeno di due anni) era di latta. beh, quello era il periodo in cui le suole delle scarpe non le riparavamo più con le cartoline. si poteva andare dal calzolaio. mah. credo che forse da piccolo-piccolo avrò mangiato anche dei biscotti. c’erano due scatole. però vuote.

voglio dire non c’erano più i biscotti dentro. già. mamma le usava per metterci i fili. gli aghi. i bottoni. tutte quelle cose che le servivano per aggiustare i vestiti. ma a quel tempo (parlo di nuovo di gassino) per fortuna c’era l’olio di fegato di merluzzo6che faceva bene a tutti i bambini gracili. e faceva anche diventare come gli americani. che erano tutti forti. sarà per questo che quel giovane uomo del coperchio delle tante scatole del plasmon. si è impigliato nella mia memoria. se fossi un nuovo guido (gozzano) andrei dicendo che ora mi ricorda ciò che avrei voluto essere e non sono mai stato. mah.

1 Tbc – tubercolosi – malattia provocata dal bacillo di Koch. 2 Mellin – storico marchio presente in Italia fin dai primi anni del ‘900 nella produzione prodotti per la nutrizione infantile quali i famosi biscotti. Fa parte del gruppo Danone. 3 – La Società del Plasmon dal 1916 produce alimenti a base di Plasmon, una sostanza nutrizionale per l’infanzia. Famosi i biscotti da inzuppare nel latte. 4 Pagnotta di torta – Definizione del pane bianco. Allora si mangiava il pane nero con la crusca. 5 Rim – Regolatore intestinale Murri (meglio conosciuto come lassativo Rim) a forma di cubettini di marmellata al gusto di frutta. 6 Fruttino Zuegg – confettura di mele cotogne che nel 1950 va a sostituire nella merenda pomeridiana dei bambini il pane, burro e zucchero. 7 Tigre – marca nata nel 1924 e parte del gruppo Emmi Italia S.p.A., la filiale italiana di Emmi Schwelz AG, il gruppo leader nel settore dei formaggi svizzeri. 8 Formaggino MIO – prodotto della ditta Locatelli dal 1936. Viene presentato subito come il formaggino dei bambini e venduto con allegate delle figurine da raccogliere in un albo didattico. 9  LA PASTICCA DEL RE SOLE – liquirizia balsamica contro la tosse della ditta Gazzoni.    10 Olio di fegato di merluzzo – Nel dopoguerra questo olio ricostituente veniva spesso somministrato ai bambini che il medico diagnosticava come “linfatico”. Famosa l’Emulsione Scott’s.

Lorenza Abrate, Paolo Barosso, Roberta Bruno, Massimo Centini, Fabrizio Gerolla, Antonio Lo Campo, Massimo Davì, Germano Longo, Roberto Lugli, Enzo Maolucci, Chiara Parella, Beppe Ronco, Delfino Maria Rosso, Pier Carlo Sommo,  Roxi Scursatone, Mirco Spadaro, Danilo Tacchino,  Patrizia Veglione.

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Vice direttore: Ivano Barbiero

Per il mese di dicembre, proponiamo il sonetto della poetessa torinese Raffaella Frassati.

Sota ’n sol gargh as na va nèch ël di L’ùltim color dle feuje… dëstissà Le vigne grise màire dëspojà Ij crisantem ch’as chin-o dësfiorì

Ma ’l gran a seurt, ël but a docia ardì Tënnra dësfida al gel, lë vlu dël pra A s’ansatiss ëd vita dë stërmà Neu misterios ch’a lija passà e avnì

Antant le professìe për pì ’d na sman-a A arpeteran la gòj universal D’anginojesse dnas a na caban-a

Për sòn i veuj cantete, mèis final Sernù da Dé për pijé soa vesta uman-a Ant la neuit che i ciamoma Sant Natal.

Sotto un sole pigro se ne va triste il giorno / l’ultimo colore delle foglie spento / le vigne grigie, magre e spoglie / i crisantemi chini e ormai sfioriti. // Ma il grano spunta, il virgulto spinge ardito, / tenera sfida al gelo, il velluto del prato / si spessisce di vita nascosta, / nodo misterioso che lega passato e avvenire. // Intanto le profezie per più di una settimana / ripeteranno la gioia universale / d’inginocchiarsi davanti a una capanna. // Per questo voglio cantarti, o mese finale / scelto da Dio per assumere la veste umana, / nella notte che chiamiamo del Santo Natale.

 (a cura di Sergio Donna)

In questa rubrica riportiamo alcuni proverbi di tradizione popolare e contadina, in lingua piemontese sul mese di agosto.

Quand a pieuv d’Agost, a pieuv amel e most (Quando piove d’Agosto, piove miele e mosto)

L’ùltim fì as cheuj mai (L’ultimo fico non si raccoglie mai

La matinà a l’é la mare dla giornà (La mattinata è la madre della giornata)

A San Lorens, l’uva dai brombo a pend (A San Lorenzo, l’uva dai tralci pende)

La via dël vissi, a men-a al presipissi (La via del vizio, conduce al precipizio)

a cura di Sergio Donna (da Armanach Piemontèis 2019, Ël Torèt | Monginevro Cultura)

Lorenza Abrate, Paolo Barosso, Ernesto Bodini, Cesare Borrometi, Roberta Bruno, Alberto Calliano, Nina Catizone, Massimo Centini, Sergio Donna, Antonio Lo Campo, Germano Longo, Roberto Lugli, Enzo Maolucci, Maria Antonietta Maviglia, Beppe Ronco, Pier Carlo Sommo, Mirco Spadaro, Danilo Tacchino.

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