Sul nuovo 7, Jeff Koons: «L’arte mi ha insegnato a rimuovere le gerarchie» - Corriere.it

2022-10-16 07:11:36 By : Ms. Shara Kuang

Volo di linea atterrato a Malpensa, nessun assistente al seguito, auto a noleggio, niente autista, pernottamento in un bed and breakfast di charme a Carrara (dove l’aspettavano per conferirgli il titolo di Accademico d’onore in scultura dell’Accademia di Belle Arti, celebrando in grande i 250 anni dalla fondazione). La valigia la porta da sé. Per assaporare la libertà basta poco. Da un artista appena reduce da un’asta record a New York da Christie’s — con il suo Rabbit del 1986 venduto per 91,1 milioni di dollari —, forse ci si aspetterebbe qualche bizza divistica, ma non è nel suo stile. Ma prima di arrivare in Toscana è sfrecciato da Milano a Verona.

Al volante che relax, ma poi vince l’arte

«Mi piace molto guidare, mi rilassa. Avevo un appuntamento con un signore tedesco, era ideale trovarsi lì. E io, prima, ho potuto vedermi in santa pace la pala del Martirio di San Giorgio del Veronese nell’omonima chiesa. Che visione grandiosa! Verona è una piccola città di tesori. E non solo per via dell’Arena (ricordo di averla visitata decenni fa), ma per la basilica di Sant’Anastasia, San Zeno. Ho passeggiato in totale libertà. Il centro pullulava di giovani, e mi ha molto colpito quanti ragazzi e ragazze fumassero, sigarette vere ed elettroniche». Lui da anni ha smesso.

Lectio magistralis: bermuda o pantaloni lunghi?

Arrivato a Carrara in t-shirt beige riappare poi in un elegante completo blu indaco, cravatta in tinta a piccoli cerchi concentrici. Studenti e professori l’attendono per la sua lectio magistralis. «È pur vero che parlo nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti...», dice cercando di pronunciarne bene il nome, ma ne fa un delizioso mix di italiano, spagnolo e inglese. «Ma agli studenti non vorrei apparire vestito troppo formale…». Dubbioso chiede: «Cattelan quando ha tenuto qui il suo discorso aveva la cravatta?». Sì, lunga e sottile, ma indossava i bermuda. Sorride dall’alto dei suoi calzoni lunghi.

L’opera di Koons «Michael Jackson and Bubbles» del 1988, scultura in porcellana

Lassù nelle cave selle Apuane

«Conosco bene la Toscana, l’ho girata in auto. Sono stato anche lassù sulle Apuane, nelle cave, dove si estrae il marmo. Osservo questi paesaggi e penso a come potessero essere secoli fa, collegandoli alle civiltà che li hanno abitati, e poi penso alle vie di trasporto che furono create per muoversi, per trasportare i massi. I Romani hanno costruito molto e questa ricchezza del territorio ha fatto sì che nascesse l’impero. Anche osservando la vegetazione ci si sente molto legati alla storia passata, e qui c’è anche una luce del tutto speciale. Sì, certo, queste montagne vengono erose, ma nel lungo termine sappiamo anche che, prima o poi, scivoleranno verso il mare».

Marmo e acciaio, la danza del Dna

Nella sua pratica artistica, Koons ha utilizzato diversi materiali, ma l’acciaio e il marmo sono quelli con cui ha ingaggiato una speciale “danza”. Ed è a Carrara, nel laboratorio di Torart, che prendono vita le sue sculture. «La pietra per me rappresenta la relazione tra natura e cultura, il marmo, che ha una sua corposità, una profondità culturale, ci trasmette il senso dell’umano. L’arte scorre in parallelo con il nostro Dna, in fondo proprio nelle sculture barocche – sensorialmente coinvolgenti – possiamo identificare la doppia elica». Potendo lui vorrebbe essere quattro scultori insieme: Donatello, Michelangelo, Bernini, Canova. Ma anche Giuseppe Sammartino, che nel 1753 realizzò quella meraviglia del Cristo velato nella Cappella Sansevero di Napoli. «Da giovane artista ho dovuto trovare il mio “gesto”, un linguaggio che rimuovesse le gerarchie e il giudizio, eliminandole si arriva ad accettare noi stessi, e poi anche gli altri. L’arte è la capacità di aprirsi al mondo. Leonardo ci ha insegnato a guardare in modo diverso la realtà, e lo ha fatto come nessuno altro prima di lui, era molto focalizzato sull’indagine del mondo. Solo così si riesce a sintonizzarsi con l’aspetto metafisico della vita». Ascoltandolo, si avverte che un lungo lavoro su se stesso ha fatto il suo corso, passando attraverso Jung a Nietzsche. Sono lontani i tempi delle sue visioni erotiche risalenti all’infanzia (e poi culminate nel ciclo di Made in Heaven del 1989) e a quel posacenere dei nonni con la figurina di una ragazza che sollevava le gambe ogni qualvolta una sigaretta veniva accesa.

Balloondog, a Venezia: è una delle opere gonfiabili di Koons, gli Inflatables, pupazzetti gonfiabili ai quali spesso associa degli specchi

Fratello e sorella: la sfida alla più brava

La carriera di Jeff Koons è iniziata all’età di tre anni, pastelli alla mano. Cominciò a disegnare soprattutto per imporsi a una sorella maggiore più brava in tutto, matematica, sport, studi…«Confrontandomi con lei, avevo subito capito che dovevo sviluppare la mia personalità in modo diverso: il disegno era il mio talento e su quello ho puntato. I miei genitori mi hanno sempre incoraggiato ed educato a cavarmela da solo, ad avere fiducia in me stesso ma anche negli altri, e a capirli. Fin dai miei 19 anni mi ero buttato in molteplici attività, vendevo porta a porta caramelle, carta da regalo. Dovevo essere invitato a entrare in casa, incontravo persone molto diverse, potevo essere accolto o respinto. Quest’esperienza mi ha insegnato a rimuovere il giudizio sulle persone allargando il modo di relazionarmi con il prossimo».

Papà e quel negozio di interior design

L’accuratezza che infonde nelle sue opere deriva da un imprinting. «Mio padre aveva un negozio di interior design, lo vedevo progettare sulla carta millimetrata e misurare con molta precisione tutto. Mi è stato d’esempio, insegnandomi a perseguire una visione». Una delle sue prime sculture in acciaio appariva perfetta. Poi, alzandola, Jeff vide che il fondo era grezzo. Così non poteva restare, andava rifatta. Quel dettaglio trascurato lo viveva come una mancanza di riguardo per chi avrebbe visto o comprato l’opera. «Mi piace lavorare in modo meticoloso, so bene invece che l’ossessione della perfezione porta al feticismo». Una linea di ricerca scientifica percorre la creazione delle sue opere, con scienziati del Massachussets Institute of Technology come consulenti. «Con loro affronto problemi legati all’applicazione della tecnologia nei miei processi produttivi anche quelli connessi alla lavorazione del marmo per renderli sempre più efficienti». La sua “toccata e fuga” a Carrara termina il giorno dopo alle 5.30 del mattino, quando riprende l’auto. Ma non prima di aver lasciato un suo disegno a penna sul “libro d’oro” dell’albergo. Quello fatto la volta precedente è stato strappato e rubato da un cliente senza scrupoli. «L’arte insegna la generosità, chi siamo noi senza questa?».

The New Jeff Koons, 1980. Duratran, light box fluorescente. L’artista cominciò a disegnare all’età di tre anni e, a sette, prendeva già lezioni private di arte

Quando - Jeff Koons nasce nel 1955 a York in Pennsylvania, da famiglia agiata. Tra i suoi lavori degli anni Settanta, gli Inflatables, pupazzetti gonfiabili ai quali associa degli specchi. Nella serie Gazing Ball (2013), riproduce la statuaria antica apponendo alla scultura una sfera riflettente blu. Koons ha raffigurato Lady Gaga come una di queste statue Perché - Jeff Koons è oggi uno degli artisti contemporanei più pagati al mondo Dove - A Carrara ha ricevuto il titolo di Accademico d’onore in scultura. A Città del Messico, alla collezione Jumex, si tiene una mostra (dal 19/05 al 29/09, a cura di Massimiliano Gioni) che mette a confronto 70 opere ready made di Marcel Duchamp con quelle dell’artista americano, che molto ha lavorato sugli oggetti

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