Il Papiro Hearst prende il nome da una donna, la Signora Phoebe Apperson Hearst (1842-1919), la madre di William Randolph Hearst il grande magnate dell’editoria statunitense nella prima metà del 900. La Signora Hearst, donna ricchissima, finanziò nella primavera del 1901 gli scavi in Egitto nella zona di Der-el-Ballas, diretti dall’egittologo statunitense Georg Andrew Reisner (1867-1942). Il Reisner, in quell’occasione, entrò in possesso da un contadino del posto del rotolo di papiro, scritto in caratteri ieratici, suddiviso in diciotto tavole tutte ottimamente conservate, tranne le ultime tre. Nel 1905 il Reisner pubblicò la ricerca dal titolo The Hearst Medical Papyrus (ed. J.C. Hinrichs, Leipzig), dedicando il reperto con il nome della benefattrice Signora Hearst. Il reperto attualmente si trova presso la Bancroft Library dell’Università della California, Berkeley, università, la cui rettrice per alcuni anni fu proprio la Signora Hearst. Il reperto risale alla prima metà del II millennio a.C., probabilmente durante il regno del faraone Thutmose III (XVIII Din.). Si ritiene comunque che il testo ab origine sia un’opera risalente intorno al 2000 a.C. Alcuni studiosi comunque esprimono dubbi sulla vera autenticità del reperto. Per questo l’Università di Berkeley è intenzionata ad approfondire le indagini, sul piano scientifico, atte a cercare di dare una risposta quanto più possibile esaustiva sull’argomento. Le dimensioni del papiro sono: lunghezza ca. 3,50 metri, ha. media cm. 17,2. Il reperto consta complessivamente di 260 ricette atte a sanare, od almeno alleviare, una serie di patologie di diversa natura. Fondamentalmente ricalca l’impostazione del papiro Ebers, ma c’è comunque da sottolineare che alcune di queste ricette risultano essere del tutto innovative.
Mario Menichetti napoletano di nascita, eugubino d’adozione, ha esercitato la professione di dottore commercialista con studio in Roma. L’interesse per lo studio e ricerche inerenti la lingua e le scritture egiziane antiche, ed in genere per le lingue dell’antico oriente, maturò sin dagli anni settanta, quando si recò per la prima volta in Egitto. Ha tenuto numerose conferenze sull’argomento, anche presso scuole, per cercare di inculcare interesse e passione per quei strani segni. Innumerevoli sono i lavori di traduzione aventi per oggetto antichi testi, tra i più significativi l’opera omnia di tutte le scritture aventi per oggetto la regina Hatschepsut, la Pietra di Shabaka, il capitolo CXXV del libro dei Morti ecc. Merita infine rammentare alcune ricerche svolte finalizzate all’interpretazione delle scritture meroitiche. Non si definisce assolutamente egittologo ma semplice e serio cultore, per diletto, delle antiche scritture sviluppatesi per circa tre millenni all’ombra delle Piramidi.
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