I due più importanti festival italiani dedicati alla valorizzazione del vetro si sono fusi per dare vita a un grande evento ricco di mostre, laboratori e spunti di riflessione sulla situazione contemporanea
In un momento storico delicato, con il prezzo del gas alle stelle che mette a rischio l’intera filiera produttiva, The Italian Glass Weeks celebra il mondo del vetro tra Milano e Venezia, fino al 25 settembre.
Il 2022 è infatti l’International Year of Glass, ufficialmente designato dalle Nazioni Unite. Anche per questo motivo, i due più importanti festival italiani dedicati alla valorizzazione del vetro – Vision Milan Glass Week e The Venice Glass Week – si sono fusi per dare vita a un nuovo grande evento: The Italian Glass Weeks.
A Milano, il focus della manifestazione è stato il vetro industriale, ma non sono mancate le mostre di design. Come quella organizzata dalla galleria Memphis Milano, che si trova nel cuore di Brera, in Largo Treves, e, fino a fine mese, ospiterà una mostra dedicata alla sua collezione di vetri. Tra il 1982 e il 1983, infatti, Ettore Sottsass e Marco Zanini producono otto vetri ciascuno (mentre un vaso si deve a De Lucchi). Lontani dal funzionalismo pratico, gli oggetti esposti includono anche la sfera psicologica, emozionale, culturale e comunicativa. Sono pezzi asimmetrici sul piano compositivo, che combinano i colori in maniera eclettica e in cui si legge la magia del vetro. Come ci ricorda di Sottsass in uno scritto di quegli anni: “Il vetro, come la ceramica del resto, ha una qualità strana: entra nel fuoco e non si sa cosa va dentro. Poi di colpo esce un oggetto puro perché bruciato dal fuoco, un oggetto di una purezza totale, di una intangibilità fisica totale. Come una visione. Si è veramente coinvolti in questo processo del vetro. Il vetro è uno spettacolo.”
A Venezia, sono invece tantissime le mostre e i laboratori attivati in occasione della Glass Week 2022 che vanno a integrare il già ricchissimo programma degli eventi collaterali della Biennale d’arte di Cecilia Alemani, in corso fino al 27 novembre. La situazione a Murano, dove si produce il vetro artistico, è però molto difficile e crea preoccupazione ai maestri e agli artigiani dell'isola. “Lo spaventoso aumento del gas metano, che serve alle fabbriche per tenere accesi i forni 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ha creato una situazione quasi insostenibile”, dichiara Luciano Gambaro, Presidente del Consorzio Promovetro Murano. “Il prezzo del gas, infatti, è passato dai 0,20 centesimi al metro cubo di settembre 2021 ai 2,60 euro di luglio 2022, con un incremento di ben 13 volte superiore.” Nonostante il momento storico delicato, The Italian Glass Weeks è stata accolta con entusiasmo e sostenuta dai muranesi con l'orgoglio di una storia che dura da più di sette secoli.
La mostra madre del festival è, come ogni anno, Le Stanze del Vetro, allestita alla Fondazione Cini, sull’Isola di San Giorgio, dove il curatore, Marino Barovier, ha dedicato un approfondimento all’attività della vetreria Venini nel campo dell’illuminazione. Gli oltre sessant’anni di storia di Venini, dal 1921 al 1985, sono stati indagati attraverso la selezione di 81 corpi illuminanti che testimoniano come il tema della luce sia stato affrontato nei decenni dalla vetreria. Inoltre, in omaggio a Carlo Scarpa, è stato ricostruito il grande lampadario a poliedri progettato dall’architetto per Italia 61.
Non distante dal Ponte dell'Accademia, all’interno di due stupendi palazzi che si affacciano su Campo Santo Stefano, sono state allestite due HUB – la Venice HUB e la HUB Under35 –, con un’interessante selezione di opere di artisti nazionali e internazionali. La mostra principale va in scena nella suggestiva cornice offerta da Palazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, con le sue librerie antiche e i pavimenti in terrazzo. Tra gli artisti esposti, brilla il lavoro dell’inglese Bibi Smit, che produce i suoi pezzi in un laboratorio alle porte di Amsterdam. Alcuni avranno visto le sue ultime opere a Milano, in occasione dell’ultimo Salone, all’interno della mostra Masterly-The Dutch. A Venezia, l’artista ha portato la collezione Maru Mori, sculture di vetro incamiciato che rappresentano un’ode alla semplicità della natura. Pezzi unici, soffiati e modellati in un movimento controllato di tensione e distorsione. “Amo la bellezza delle cose semplici”, dice Bibi Smit. “Trovo che il mondo sia molto confuso in questo periodo e che ognuno abbia bisogno di ricaricarsi a contatto con la natura, cogliendo il movimento una foglia che cade o di una nuvola.” Le sue sculture nascono dall’immagine, bellissima e decadente, di un petalo che cade per terra.
Interessante anche il lavoro di Lætitia Jacquetton, artista francese che l’anno scorso si è trasferita a vivere sull’isola di Murano. Il progetto Crepuscolo (Twilight) nasce lo scorso dicembre quando alcune fornaci si spensero, costrette a ridurre i propri consumi. “Era un’atmosfera surreale”, ci racconta l’artista, “per me, che abito sull’isola, il rumore costate del gas che alimenta le fornaci è un sottofondo costante. È stato strano quando improvvisamente tutto taceva.” In quel momento, Lætitia Jacquetton ha recuperato dai forni alcune pietre refrattarie che avrebbero dovuto essere sostituite e, con il vetro del fondo del crogiolo, che per definizione presenta alcune imperfezioni – tradizionalmente considerate a Murano come difetti –, ha modellato vasi di vetro in appoggio sulle stesse pietre, che ne hanno sagomato il volume.
Si distinguono per l’uso di tecniche di produzione particolari anche due lavori esposti tra gli under 35 a Palazzo Giustinian Lolin, sempre in Campo Santo Stefano. Da un lato, l’opera di Katerina Krothenko, artista di origine russa che vive e lavora in Finlandia e che, ispirata dalla grande tradizione del vetro finlandese, ha proposto quattro pezzi in vetro prodotti dallo stesso stampo che riproduce la texturedella corteccia di un albero. Dall’altro, l’opera di Zuzana Kubelková che ha esposto vasi soffiati e modellati a mano, utilizzando la tecnica della sovrapposizione svedese, che permette di ottenere sottili sfumature di colore, grazie a un tessuto di basalto avvolto sulla superficie del vetro.
Molto particolare anche la tecnica di lavorazione dei vasi presentati nella chiesetta di San Gallo, un'intima chiesa del XVI secolo a due passi da piazza San Marco, dallo studio di design T SAKHI, co-fondato dalle sorelle libano-polacche Tara e Tessa Sakhi (foto di apertura). La collezione Jurat (‘urne’ in arabo) trae ispirazione dalla storia del vetro. Con una certa somiglianza con le urne cinerarie archeologiche in vetro soffiato collocate nelle tombe come offerte nell'antichità, Jurat affronta il tema del valore del tempo sugli oggetti. Una volta soffiato, ogni vaso di Jurat è stato sottoposto a diverse tecniche di distorsione e compressione, e la texture superficiale è stata ottenuta fondendo insieme al vetro scarti di polvere metallica in diversi stati – polverizzata, fusa e triturata.