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“Di inquinamento urbano si parla poco, sembra che il problema si sia risolto. Ma è vero il contrario. Io ho passato la vita a restaurare pergamene, incunaboli e cinquecentine e posso assicurare che oggi l’aggressività dell’inquinamento è aumentata di dieci volte rispetto a 30 o 40 anni fa. Del resto basta guardare cosa succede alle facciate delle chiese e alle fontane che vengono ripulite. Dopo 3 o 4 anni sono di nuovo coperte da una patina nera”. Paolo Crisostomi, docente all’università di Urbino e alla Scuola di alta formazione e studio dell'Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro, denuncia una situazione ben documentata dalle ricerche di Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Soltanto Roma ospita 3.600 monumenti in pietra calcarea e 60 manufatti in bronzo, che subiscono un deterioramento continuo causato dai fenomeni atmosferici. Lo conferma un report pubblicato nel 2015 dall’Ispra in collaborazione con Arpa Lazio. Lo studio stima una perdita annua di 5-6 micron (milionesimo di metro) di pietra calcarea, e circa 0,35 micron di superfici metalliche. I numeri sembrano irrisori ma è un danno enorme in un lasso di tempo ridotto. Se poi cominciasse ad aumentare il tasso di umidità, ed è molto probabile, il rapporto prevede un’aggiunta di altri 2.000 monumenti a rischio nella città eterna.
Uno studio Unesco Tra i fattori responsabili dei processi di degrado sono segnalati gli agenti atmosferici (vento, radiazioni solari, umidità e piogge) e fattori legati all’inquinamento (acidità delle piogge e particolato). Esiste anche l’inquinamento interno che danneggia le opere d’arte nei musei. Polveri, pollini, batteri, funghi e virus rischiano di proliferare se la qualità dell’aria è bassa. A preoccupare è la combinazione tra inquinamento “classico” e cambiamenti climatici, in particolare per quanto riguarda l’area mediterranea. Ne ha parlato uno studio dell’Unesco che sottolinea come il cambiamento climatico renda più intensi e dannosi i fenomeni atmosferici. Molti siti nel bacino del Mediterraneo sono a rischio erosione marina da qui al 2100. Bombe d’acqua e grandinate sempre più frequenti possono causare danni diretti alle strutture. Le alte temperature hanno effetto sulla pittura e sui mosaici. Gli incendi sempre più imponenti rendono il terreno instabile e soggetto a crolli. Il Cnr ha anche realizzato proiezioni relative al periodo 2070-2099. I fattori di rischio legati ai cambiamenti climatici sono tre: le piogge, le temperature e l’umidità. L’escursione termica sempre maggiore, per esempio, può causare disgregazione del marmo sul lungo periodo. L’eccesso di umidità favorisce la crescita di cristalli sui materiali più porosi.
Esempio positivo La ricerca offre comunque anche esempi di soluzioni per frenare l’aggressività dell’inquinamento. Ad esempio a Roma, a pochi passi da un’arteria stradale molto trafficata, si trova Villa Farnesina, sede della storica Accademia Nazionale dei Lincei. La villa racchiude importanti affreschi di Raffaello che rischiano di essere danneggiati dalle emissioni delle automobili. Uno studio congiunto dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dell’Università di Siena e dell’Accademia dei Lincei ha monitorato l’impatto delle polveri atmosferiche sugli affreschi, e ha scoperto che gli alberi presenti nel giardino sono una vera e propria barriera che trattiene le polveri dannose.
La Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici
Anche la Strategia Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici contiene alcune misure per la tutela e la valutazione d’impatto del clima sui beni culturali. I parametri di valutazione riguardano per esempio la corrosione dei metalli, la crescita di muffe e funghi sul legno, lo stress termico e la cristallizzazione di pietra e mattoni. Le strategie di intervento combinano tecniche tradizionali e nuove tecnologie. Un esempio di questa sinergia è il progetto “Cultura, ambiente e salute”. Annunciato lo scorso luglio, vede una collaborazione tra il ministero della Cultura e la Società italiana di medicina ambientale. Secondo Elena Campione, membro del Tavolo tecnico e docente all’Università di Tor Vergata, “la medicina ambientale può garantire la salubrità degli ambienti attraverso una riduzione di prodotti nocivi e contaminanti biologici, contribuendo alla tutela dei beni museali”.
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