L’occhio sulla BIAF 2022

2022-10-12 00:19:48 By : Mr. Peter Zhao

PARTE TERZA | Biaf, qualità museale in vendita Molto elevato il livello delle proposte alla Biennale internazionale di antiquariato di Firenze che ha appena aperto. Fra i primi acquisti c’è quello di Vittorio Sgarbi, che sceglie da Sperone un bassorilievo di Casorati a 120mila euro per il Mart PARTE SECONDA | L’opinione Firenze era più chic di Basilea e Maastricht di Bruno Muheim Regolarmente annunciata come moribonda o come fiore all’occhiello del mercato italiano, denigrata da alcuni, amatissima da altri, la Biennale d’antiquariato di Firenze dopo avere saltato un’edizione per la pandemia riapre il 23 settembre la sua 32ma edizione. Dobbiamo ricordare che all’epoca della sua prima edizione nel 1959 Firenze era il centro del mercato e della storia dell’arte italiana con famiglie di antiquari come i Bellini e studiosi come Pope-Hennessy o Berenson (che morì proprio durante la prima Biennale) ed era anche uno di centri della vita mondana europea di allora. Tre ingredienti essenziali per creare un evento internazionale come la Biennale di Firenze. In confronto all’atmosfera raffinatissima della Biennale durante gli anni Sessanta il lusso sparato di Art Basel e della Tefaf si riduce a un accumulo d’aerei privati e di cenette chiassose. Tutti i grandi patrimoni tedeschi, olandesi, inglesi, svizzeri o francesi erano presenti. L’aristocrazia fiorentina riceveva in modo sublime nelle sue regge, le case di moda di Firenze come quella di Emilio Pucci erano affollatissime. I giorni della Biennale fiorentina erano il periodo più eclatante della vita mondana italiana. Tempi ormai passati per diverse ragioni, ragioni che sono anche i problemi per il futuro della manifestazione. Anzitutto dal 1959 il gusto è totalmente cambiato: a livello gastronomico, del vestire, della vita sociale, del tempo libero. A qualsiasi livello della società, quanti ancora ricevono in casa offrendo cibi tradizionali preparati a mano, serviti con piatti e posate idonee, e non chiamano Deliveroo? Chi si cambia la sera per uscire o per ricevere amici? Il tempo libero è dedicato a Instagram e allo sport. Queste considerazioni non sono in nessuno modo una critica né un giudizio, ma una semplice constatazione. Dunque, i piatti di Lodi, la caffetteria torinese impero, il trumò lombardo o il comò barocchetto genovese senza dimenticare la cornice di lacca veneta sono totalmente fuori moda. Adesso l’argenteria post impero si vende al prezzo del peso dell’argento, a eccezione di quella delle arti decorative del XX secolo. La porcellana Capodimonte non va in lavastoviglie. Il trumò orgoglio del nonno non lo vuole neanche il cugino bisognoso. Il divanetto lucchese, presente in tutte le foto di famiglia, fa orrore anche al cane che non lo usa neanche come cuccia. Ma tutti erano stati acquisiti a furore di risparmi alla Biennale di Firenze... La Biennale non ha ancora voluto fare il passo del Tefaf e integrare ufficialmente gli espositori di gioielli e di arte contemporanea. Decisione rigorosa, ma non si deve dimenticare che è quello che oggi si vende: parole sante quando si parla di mercato e ciò riguarda il futuro della manifestazione. E, ahimè, non ci sono più grandi giornalisti della stampa soprattutto quotidiana per rendere conto con brio e intelligenza della manifestazione. Quando Bianca Riccio scriveva su «Repubblica» della Biennale, il lettore si sentiva trascinato, presente, partecipe; adesso leggiamo i copia-incolla del comunicato stampa. Altro punto dolente. L’Italia non ha ancora risolto la questione della notifica di Stato delle opere d’arte. Sono quarant’anni che faccio questo mestiere, sono quarant’anni che questa legge sviluppa il mercato nero e le esportazioni illegali. Solo la legge Merlin ha fatto peggio nel suo campo. Molte delle opere più importanti esposte a Firenze sono importate. Il grande punto positivo della manifestazione che dà speranza nel futuro è l’elenco degli espositori, tutti di grande professionalità, più ancora di quanto non fossero soltanto poche edizioni fa. Spesso sono figli d’arte, spesso sono più colti, meno arroganti e più operosi dei loro padri e nonni. L’interrogativo è: se non sapranno trovare una nuova strada la Biennale rimarrà come un vivaio per ricreare contatti con i vecchi clienti anziché vendere a nuovi. Il salone del Trono di Palazzo Corsini, sede della Biaf 2022 PARTE PRIMA | L’anticipazione di Laura Lombardi Grande attesa per l’apertura della 32ma Biennale Internazionale dell’Antiquariato a Palazzo Corsini, nell’allestimento molto scenografico di Mattia Corvino. Tornano i partecipanti di sempre, circa un’ottantina, e con presenze straniere importanti e gallerie di arte contemporanea per soddisfare interessi e curiosità molteplici. D’altronde anche a Maastricht antico e contemporaneo si mescolano, ma il paragone con la fiera olandese non può essere fatto perché, come ribadisce Fabrizio Moretti, segretario generale in carica dal 2014, «il primato della Biennale di Firenze per l’arte italiana è indiscusso. Noi siamo più forti». Il pubblico che Moretti attende a questo appuntamento così sospirato e che definisce «la prima grande mostra dell’era post Covid» (l’ultima edizione era stata nel 2019) è «un pubblico interessato al collezionismo, colto, sofisticato, ma anche un pubblico di direttori di musei italiani e internazionali. La Biennale è un museo in vendita e ricordo che già all’ultima edizione la Biennale ha avuto come acquirente gli Uffizi, museo con il quale abbiamo quest’anno anche una partnership: dire Uffizi è parlare di uno dei brand più importanti al mondo. Sarà la Biennale della rinascita, dell’entusiasmo, in una cornice strepitosa con un coinvolgimento di gallerie, negozi, artigiani». E quindi, Moretti, si venderanno solo capolavori museali o esiste ancora il mercato medio? «Esiste, anche se conosce la crisi come in tutti gli ambiti della società. Con la pandemia la borghesia sta scomparendo, esistono i molto ricchi o i molto poveri». Ci sono collezionisti giovani? «Dipende da che cosa si intende per giovani, in generale sotto i 45 anni non ci sono grandi collezionisti, ma è sempre stato un po’ così, all’arte antica si arriva in un secondo momento». La Moretti Fine Art è presente alla BIAF anche con un «Santo vescovo» di Niccolò di Segna, attivo tra il 1331 e il 1345, tempera su tavola, parte del polittico ora presso la Pinacoteca Nazionale di Siena e proveniente dalla collezione Carlo De Carlo; tuttavia la galleria non è più a Firenze, perché allora dirigere la Biennale di Firenze? «Ho chiuso la mia galleria già dieci anni fa, da tempo ho fatto la scelta di lasciare l’Italia, ma ciò non c’entra nulla con l’organizzazione di un evento così importante nella città più deputata per questo e che infatti attrae pubblico da tutto il mondo». Ricordi delle Biennali visitate da ragazzo? «Erano gli anni Ottanta e la Biennale mi incuteva un timore reverenziale; quando andavo a trovare mio padre che esponeva mi pareva di entrare in un mondo di onnipotenti, di intoccabili, un mondo che quasi mi faceva paura». Allora la Biennale era a Palazzo Strozzi, poi per questioni di non idoneità del palazzo fu trasferita per un anno a Palazzo dei Congressi. «Sì, ma poi dobbiamo a Giovanni Pratesi il grande merito di averla portata nel 1997 a Palazzo Corsini, un luogo che conserva la più antica collezione di arte notificata. Anche questo è un segnale di energia». Nessun artista contemporaneo quest’anno in piazza della Signoria? (ricordiamo Koons, Fischer...): «Sì, in occasione della BIAF Sergio Risaliti curerà un omaggio a Henri Moore per ricordare il cinquantenario della storica mostra a Forte Belvedere del 1972». Tra gli espositori anche Bruno Botticelli. Come vede il suo nuovo ruolo di presidente dell’Associazione Antiquari, assunto a fine 2020?: «Siamo in una congiuntura di grandi cambiamenti; l’antiquariato, l’arte antica preferisco dire, ha in sé il valore intrinseco della storia e della bellezza e dobbiamo capire in che modi trasmetterli. Sono contento di vedere come anche le istituzioni museali italiane si stiano interessando a noi». Botticelli, come altri antiquari, espone opere molto rare, tra cui un «Cristo benedicente» in marmo di Agostino di Duccio e un altro «Cristo» in legno attribuito a Lorenzo Maitani. Come vede l’annosa questione della notifica? «Io non sono affatto contrario alla notifica, ma se si tratta di una valorizzazione che certifica la qualità e l’eccellenza di un’opera dovrebbe tradursi per il proprietario in un plus e non in un minus; i palazzi storici vincolati sono soggetti a sgravio fiscale, mentre nel caso delle opere mobili la notifica rappresenta solo uno svantaggio che rende il pezzo invendibile. Che cosa ci guadagna lo Stato? Mi si perdoni il paragone, ma sarebbe come dire :“Vinci Miss Italia? Bene non avrai mai un lavoro”». Sull’importanza del comunicare l’interesse per l’antiquariato insiste anche Carlo Orsi, nel cui stand troviamo un olio su tavola di scuola fiamminga raffigurante le «Tentazioni di Sant’Antonio» da una stampa di Martin Schongauer, opera rarissima (ne esiste solo un’altra versione al Kimbell Art Museum attribuita a Michelangelo) e mai esposta, una «Deposizione» di GaspareCairano (scultore del Nord Italia), un avorio tedesco per Cosimo III de’ Medici, firmato e datato, e una «Testa di orientale» di Giovanbattista Tiepolo: «Dobbiamo compiere veramente uno sforzo di storytelling per le nuove generazioni, ma è bello che si torni a poter viaggiare perché l’arte antica ha bisogno del vis à vis, di essere vista, toccata per suscitare emozioni. Ci sono già state altre fiere che hanno dato segnali di ripresa, ma la Biennale di Firenze è amata in tutto il mondo ed è una grande occasione per mostrare i frutti del nostro lavoro e per stabilire un rapporto più stretto con le istituzioni, visti gli acquisti in crescita da parte di musei». Passando in rivista un po’ di altre opere troviamo da Altomani «La Pala Rigoli», rara testimonianza dell’attività di Alesso, figlio di Benozzo Gozzoli, da Piva, invece, un «Cristo portacroce» su tavola assegnato a Domenico Beccafumi, mentre Canesso espone «Il Custode dell’orto» in pietra di Viggiù, di uno scultore lombardo (attivo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo), trasposizione in pietra dello spirito di Giuseppe Arcimboldo; da Jean-Luc Baroni una «Sacra famiglia» di Alessandro Rosi e da Robilant+Voena un «Banchetto di Assalone» di Niccolò Tornioli. Da Butterfly la «Santa Maria Maddalena in meditazione» di Artemisia Gentilesachi, da Romano Fine Art un «Filosofo» opera giovanile inedita di Luca Giordano influenzato da Ribera. Un’importante aggiunta al catalogo dell’attività pittorica di Antonio Canova è da Antonacci Lapiccirella: l’olio su tavola commissionato dal senatore di Roma, il principe Abbondio Rezzonico, complice nella beffa ordita nei confronti dei maggiori artisti e intellettuali presenti a Roma, ai quali l’opera fu presentata come fosse quell’«Autoritratto» di Giorgione conosciuto solo tramite un’incisione in un volume di Carlo Ridolfi del 1648. Giorgione la realizzò su un’antica tavola cinquecentesca dove era, in origine, una «Sacra famiglia». Il catalogo, pubblicato dalla galleria, è a cura di Fernando Mazzocca e sarà oggetto di una mostra a Casa Giorgione a Castelfranco Veneto (14 ottobre 2022 - 15 febbraio 2023). Tra le proposte di Carlo Virgilio un bronzo di Duilio Cambellotti, «L’avo», 1924, appartenuto a Francesco Sapori, indagine sull’archetipo nella Roma antica della figura del buttero dell’agro romano, risalendo all’evocazione mitica del centauro. La Società di Belle Arti ha il «Ritratto di Adolfo Belimbau» di Vittorio Corcos, ma anche il «Ritratto di signora russa» di un giovane Giovanni Boldini (1867); Pallesi ha invece «Elena e Cassandra» di Giulio Aristide Sartorio (1928). Da Tornabuoni l’acquerello di Vassilij Kandinskij «Communiqué», 1936, e da Gian Enzo Sperone (New York, Seth) un «Nudo dormiente» (1924) di Felice Casorati, mentre da Poggiali (Firenze, Pietrasanta, Milano) un dipinto di Arnulf Rainer. Walter Padovani propone due oggetti appartenenti alla Manifattura di Doccia: una porcellana con «San Carlo Borromeo in adorazione del Crocifisso», da un modello bronzeo di Foggini, e una «Madonna con il Bambino» in cera facente parte del campionario presentato ai committenti attribuito da Rita Balleri a Girolamo Ticciati. A questo proposito va ricordato, a ribadire il legame tra mondo antiquariale e patrimonio, che la BIAF sta portando avanti il sostegno offerto alla «Fondazione Archivio Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia» nell’importante campagna di restauro di un nucleo significativo di preziosi modelli in cera, gravemente danneggiati dall’umidità negli anni seguiti alla chiusura e all’abbandono del Museo Ginori. Tra gli otto modelli in restauro sono il gruppo raffigurante «Apollo e Marsia» (ora in stato frammentario), tratto da un’opera dello scultore fiorentino Giovan Battista Foggini e realizzato su un calco eseguito nel 1748 dal figlio Vincenzo, «Venere che spenna Amore» e «Leda col Cigno», i cui archetipi in bronzo sono di Massimiliano Soldani Benzi. Il restauro, in accordo con la Direzione Generale Musei della Toscana, sarà eseguito da Maria Grazia Cordua e Francesca Rossi, con la supervisione scientifica dell’Opificio delle Pietre Dure. Inoltre, in occasione della BIAF, Botticelli e Moretti hanno scelto di fare congiuntamente un gesto che commemori i loro rispettivi genitori antiquari, Veria e Franco Botticelli e Alfredo Moretti, e che sigli al tempo stesso «l’affezione nei confronti del patrimonio culturale del nostro Paese, un gesto di distensione e positività per quei momenti difficili e di incomprensione tra il pubblico e il privato». Si tratta della «Trinità e i santi Andrea, Maria Maddalena e Cristina» (olio su tela, cm 373 x 192,5), opera di Durante Alberti donata alla Cattedrale di Sansepolcro (per risarcire la chiesa di una grave perdita subita in passato). L’opera, ricordata nella visita pastorale compiuta nella chiesa dal vescovo Niccolò Tornabuoni nel 1582, e ceduta nel 1859, è stata acquistata divisa in due frammenti a un’asta nel 2002 e restaurata a cura dei suoi proprietari. Sarà ora riaccostata nella chiesa all’«Adorazione dei pastori» realizzata per la cappella Pichi dallo stesso artista. Se Gian Enzo Sperone era stato il primo gallerista contemporaneo a esporre, chiamato da Pratesi, nel 2019 si era aggiunta la Galleria Continua (San Gimignano, Parigi, Les Moulins, Pechino, L’Avana). Mario Cristiani, come vede la presenza alla BIAF della galleria Continua di cui è uno dei tre fondatori?: «Il nome stesso della nostra galleria esprime ciò in cui abbiamo sempre creduto ovvero la continuità tra antico e contemporaneo, lavorando anche come Associazione Artecontinua nel territorio. Esporremo artisti contemporanei, ma che abbiano sempre rivolto attenzione all’arte antica, come Antony Gormley, Anish Kapoor, Michelangelo Pistoletto, Berlinde de Bruyckere, Loris Cecchini». In mostra a Palazzo Corsini non mancano mobili e oggetti, seppure in minoranza rispetto a dipinti, sculture e disegni. Ad esempio da Tettamanti (Firenze) il daybed in stile neoegizio (1815) usato da Audrey Hepburn sul set di «Guerra e pace», da Brun Fine Art una coppia di grandi vasi in porcellana con bronzi dorati con decorazione policroma e i medaglioni coi ritratti di Clemente di Sassonia e sua sorella Maria Josefa Amalia di Sassonia firmati e datati da Raffaello Giovine, 1822. Per gli arazzi quello in lana e seta da Luciano Coen «La caccia al toro» (Bruxelles, ultimo quarto del XVI secolo). Quest’edizione della BIAF si proietta inoltre nel futuro con EY, Innovation Partner, che sarà presente con un corner in cui sperimentare il legame tra nuove tecnologie e arte, e uno spazio museale all’interno del Metaverso con opere d’arte premiate nelle precedenti BIAF per vivere, anche da remoto, un’esperienza immersiva. La mostra nel Metaverso sarà arricchita da attività interattive digitali e di gaming. EY ospiterà anche un panel sul ruolo delle tecnologie nel mondo dell’arte. Infine, per attrarre pubblico giovane è nato il videogioco in italiano e in inglese «Eternal Memories»,scaricabile gratuitamente su tutti gli smartphone e iPad attraverso le principali piattaforme di app. Prodotto per BIAF da Golem Multimedia, con la collaborazione di TuoMuseo e il sostegno di Consultinvest, il gioco, corredato da filmati originali dell’epoca recuperati dagli archivi delle Teche Rai, è ambientato nella Firenze dei giorni dell’alluvione del 1966, in una storia che inizia e finisce a Palazzo Corsini. Si svolgerà infine la seconda edizione della Florence Art Week con mostre nei musei fiorentini e che vedrà inoltre le Maison di via Tornabuoni, le Gallerie di via Maggio, via de Fossi, Borgognissanti e le boutique di Ponte Vecchio proporre attività ed eventi riservati ai possessori della VIP card. La Mostra è posta sotto il patrocinio della Regione Toscana, Comune di Firenze, Città Metropolitana, Camera di Commercio e ha come main sponsor Arte Generali e il sostegno di Sotheby’s International Reality.