In tempi di politicamente corretto e di aggressioni “woke”, il personaggio creato da Bonelli e Galeppini nel 1948 continua ad avere successo proprio perché incarna i più veri valori di coraggio e giustizia. Un trionfo che si sta rinnovando col ritorno dell’epopea di Mefisto
È un caso unico di longevità nel mondo dei fumetti e non solo. Nato nel lontano 1948 dalla fantasia dello sceneggiatore e editore Giovanni Luigi (Gianluigi) Bonelli e dal disegnatore Aurelio Galleppini , Tex è tuttora pubblicato da Sergio Bonelli Editore. In questo mese la serie principale del personaggio è giunta al numero 740. Col 738 di aprile è stata resuscitata l’eterna lotta col più terribile nemico di Tex Willer: Mefisto!
L’epopea occuperà gli albi della collana fino a ottobre 2022 e sta già ottenendo un grande successo presso i lettori affezionati del ranger, ma pure presso quelli meno fedeli. Perché l’interesse per le avventure di Tex dura da ben 72 anni? Quali sono le caratteristiche dell’eroe che piacciono nonostante il trascorrere dei decenni e l’indubbia, inevitabile, ripetitività dei canovacci delle sue storie? Forse quella centrale è la forza solare che promana dal personaggio e dai suoi compagni di imprese. Una forza pura, costituita da coraggio, energia, lealtà, onore, amore per la giustizia, fedeltà all’amicizia, odio verso i criminali, i vigliacchi e i prepotenti, con loro rapida eliminazione a suon di pallottole di piombo. Il tutto accompagnato da una certa ironia. Nobili valori virili? Sì. Ed è ciò che un comune cittadino, soprattutto se appartenente alle classi medio-basse, vorrebbe vedere realizzato nella propria società: la rapida punizione di delinquenti, politici corrotti, ruffiani e complici.
In Tex il malvagio rappresenta il Male. E il Male è un’oscura, terribile, forza che esiste, soprattutto negli esseri umani. Esistono persone cattive e basta; esistono malvagi che commettono abomini pure se possiedono un buon reddito, hanno vissuto un’infanzia senza traumi e hanno goduto di un’istruzione adeguata e. Questa gente va tolta di mezzo perché, pur senza arrivare al manicheismo, o si sceglie di salvare le persone pacifiche, o le si lascia in balìa dei criminali. Ovviamente, la nostra cultura desacralizzata, secolarizzata e laicizzata rifiuta l’idea della metafisica del Male: il “cattivo” è sempre una vittima da redimere. E le loro vittime, quelle davvero uccise o straziate dai malvagi? Chi se ne frega! D’altra parte, è nota la frase di Charles Baudelaire : «La più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste».
Ma Tex va dritto per la sua strada: ammazza le carogne. Però sono molte altre le “sgradevolezze” del fumetto. Non vi compaiono quasi mai donne e, se succede, sono perlopiù malvage. Pellirosse, neri, asiatici, ecc. sono trattati come persone normali e non “categorie protette”: possono essere “buoni”, “cattivi”, mediocri. Tex si abbuffa, insieme ai suoi pards, di «bistecche non troppo cotte alte tre dita», alla faccia di animalisti, vegetariani e salutisti. Il suo linguaggio è sbrigativo, non si piange addosso, non si tormenta, non ha tortuosità psicologiche e non vive presunti, effeminati, interiori drammi esistenziali e/o adolescenziali come i supereroi della Marvel o di Netflix. I cattivi sono puniti a suon di sganassoni (questo non vi ricorda l’altro sempreverde Bud Spencer , pure lui eroe difensore dei deboli, ma sbrigativo e “scorretto”, che sfidava Terence Hill a «salsicce e fagioli», altro “orrore”?): solo se cominciano a sparare, si usano pistole e fucili. Abbiamo riportato due tavole tratte dai nn. 739 (I misteri di San Francisco, p. 101 ) e 740 (Bedlam!, p. 108 ) di Tex. Nella prima si va per le spicce (da parte di un gruppo di bianchi, più un nero, della palestra Hercules) contro una banda di pericolosi cinesi (definiti senza mezzi termini «facce di limone»; mentre un indù sarà successivamente apostrofato dall’inseparabile Kit Carson come «quella specie di macaco seminudo») e il loro ristorante covo di malfattori e di reati. Nella seconda compare una femme fatale ingannatrice, criminale e assassina (e non è la sola…).
Oggi Tex rischia di essere attaccato dalla vociante e sciamannata elite woke radical chic: maschilista, violento, razzista, quindi, la solita, ultimativa, definizione finale: fascista. Il bello è che il ranger piace sia alle destre sociali, che vedono in lui un rapido e sbrigativo riparatore di torti della povera gente senza protezione, sia agli ancora comunisti – non ci riferiamo certo a piddini e dintorni –, che apprezzano la sua lotta contro capitalisti, affaristi e prepotenti, sia al piccolo borghese o al proletario in attesa di riscatto e di un proprio eroe. Nel 1974 Gianluigi Bonelli affermò che Tex «quando vede un torto, il povero cristo che soffre ingiustamente, lui si ribella e prende le sue parti. Che poi sia negro, che sia bianco, che sia indiano, che sia un contadino, che sia una persona colta, non gliene frega niente» [Ferruccio Alessandri (a cura di), Anatomia di un cow–boy, in Man Only, nn. 3-4, marzo-aprile 1974, p. 26]. Tex e i fumetti editi da Bonelli rappresentano una forma d’arte popolare, ma vera arte. L’italiano usato è perfetto, e non vi sono errori o refusi, come ormai avviene nei libri anche di importanti case editrici. Pertanto, magari gli italiani leggessero più libri ma anche più fumetti, invece di rincretinirsi con social e smartphone (vedi anche Non sparate sui fotoromanzi)!
(LucidaMente 3000, anno XVII, nn. 199-200, luglio-agosto 2022)
In effetti, descritto così, è un vero eroe intramontabile da amare e diffondere! Più educativo il fumetto in questione che tanti discorsi fuorvianti ed interminabili.
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