Vaiolo delle scimmie, scatta l'allarme. I casi in Italia e in Europa - QuiCosenza.it

2022-10-15 02:15:03 By : Mr. Amy Chen

L’Organizzazione mondiale della sanità “continua a monitorare la situazione in rapida evoluzione” dopo diversi casi segnalati

ROMA – L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) “continua a monitorare da vicino la situazione in rapida evoluzione”. Lo afferma la stessa Oms in relazione ai casi di vaiolo delle scimmie segnalati, a partire dall’inizio di maggio, in Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti. Oggi un caso, e altri due sospetti, sono stati segnalati anche in Italia. Al momento, l’Oms “non raccomanda alcuna restrizione per i viaggi e gli scambi commerciali con il Regno Unito sulla base delle informazioni disponibili in questo momento”.

Il vaiolo delle scimmie è una zoonosi silvestre – ovvero una malattia riguardante gli animali selvatici – con infezioni umane accidentali, che di solito si verificano nelle parti boscose dell’Africa centrale e occidentale. La malattia spesso si esaurisce con sintomi che di solito si risolvono spontaneamente entro 14-21 giorni, non è molto contagiosa tra gli uomini e si trasmette attraverso l’esposizione alle goccioline esalate e dal contatto con lesioni cutanee infette o materiali contaminati. I sintomi (tra cui febbre, mal di testa, dolori muscolari e eruzioni cutanee) possono essere lievi o gravi e le lesioni possono essere molto pruriginose o dolorose. A spiegarlo è l’Oms, a fronte di vari casi segnalati in Europa, Stati Uniti e un primo caso segnalato oggi anche in Italia.

Il periodo di incubazione del vaiolo delle scimmie è generalmente compreso tra 6 e 13 giorni, ma può variare da 5 a 21 giorni. Il serbatoio dell’animale rimane sconosciuto, anche se è probabile che sia tra i roditori. Il contatto con animali vivi e morti attraverso la caccia e il consumo di selvaggina o carne di arbusti sono noti fattori di rischio. Esistono due famiglie di virus del vaiolo delle scimmie: quella dell’Africa occidentale e quella del bacino del Congo (Africa centrale). Sebbene l’infezione da virus del vaiolo delle scimmie dell’Africa occidentale a volte porti a malattie gravi in; alcuni individui, la malattia è solitamente autolimitante. È stato documentato che il tasso di mortalità per la famiglia dell’Africa occidentale è di circa l’1%, mentre per quella del bacino del Congo può arrivare fino al 10%.

Anche i bambini sono a rischio e il vaiolo delle scimmie durante la gravidanza può portare a complicazioni, vaiolo delle scimmie congenito o mortalità alla nascita. I casi più lievi di vaiolo delle scimmie possono passare inosservati e rappresentare un rischio di trasmissione da persona a persona. È probabile che ci sia poca immunità all’infezione in coloro che viaggiano o sono altrimenti esposti, poiché la malattia endemica è normalmente geograficamente limitata a parti dell’Africa occidentale e centrale. Storicamente, la vaccinazione contro il vaiolo ha dimostrato di essere protettiva contro il vaiolo delle scimmie. Sebbene un vaccino (MVA-BN) e un trattamento specifico (tecovirimat) siano stati approvati per il vaiolo delle scimmie, rispettivamente nel 2019 e nel 2022, queste contromisure, avverte l’Oms, non sono ancora ampiamente disponibili e le popolazioni di tutto il mondo di età inferiore ai 40 o 50 anni non beneficiano più della protezione offerta da precedenti programmi di vaccinazione contro il vaiolo.

In Gran Bretagna è stata osservata una trasmissione del virus del vaiolo delle scimmie nell’ambito della comunità gay, tra uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. Lo rileva l’Oms, sottolineando che sempre in Gran Bretagna “contatti sessuali e i luoghi visitati (ad esempio saune, bar e club) sono attivamente oggetto di indagine per quattro casi” osservati nella comunità Gbmsm (Gay, bisessuali, uomini che fanno sesso con uomini). Il 13 maggio 2022, all’OMS sono stati notificati due casi confermati in laboratorio e un probabile caso di vaiolo delle scimmie, provenienti dalla stessa famiglia, nel Regno Unito. Il 15 maggio, sono stati segnalati altri quattro casi confermati in laboratorio tra i partecipanti ai servizi di salute sessuale che presentavano una malattia da rash vescicolare e in gay, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini.

Come misure di risposta, è stato istituito un team per coordinare gli sforzi di tracciamento dei contatti. Contrariamente ai casi sporadici con collegamenti di viaggio verso paesi endemici, rileva l’Oms, “nessuna fonte di infezione è stata ancora confermata. Sulla base delle informazioni attualmente disponibili, l’infezione sembra essere stata acquisita localmente nel Regno Unito. L’entità della trasmissione locale non è chiara in questa fase e vi è la possibilità di identificare ulteriori casi”. Il 15 maggio, all’OMS sono stati notificati altri quattro casi confermati in laboratorio, tutti identificati tra GBMSM che frequentavano i servizi di salute sessuale e presentavano un’eruzione cutanea vescicolare.

In relazione ai casi segnalati di vaiolo delle scimmie, le autorità sanitarie del Regno Unito hanno istituito un team di gestione per coordinare l’ampio tracciamento dei contatti e la vaccinazione viene offerta ai contatti ad alto rischio. Lo comunica l’Organizzazione mondiale della sanità. Il tracciamento dei contatti è attualmente in corso nelle strutture sanitarie e nella comunità per coloro che hanno avuto contatti con i casi confermati. I contatti vengono valutati in base al loro livello di esposizione e seguiti tramite sorveglianza attiva o passiva per 21 giorni dalla data dell’ultima esposizione a un caso.

Nessuna fonte di infezione è stata ancora confermata in Gran Bretagna, rileva l’Oms, né per i casi iniziali individuati all’interno di una stessa famiglia né per i cluster nella comunità GBMSM (Gay, bisessuale, uomini che hanno rapporti sessuali con uomini). Sulla base delle informazioni attualmente disponibili, afferma l’Oms, “l’infezione sembra essere stata acquisita localmente nel Regno Unito. L’entità della trasmissione locale non è chiara in questa fase e vi è la possibilità di identificare ulteriori casi”. L’Oms avverte che misure intensive di salute pubblica “dovrebbero continuare nel Regno Unito”. Oltre al tracciamento dei contatti in corso, afferma, “la ricerca dei casi e la sorveglianza locale delle malattie da eruzione cutanea dovrebbero essere rafforzate nella comunità GBMSM (gay, bisessuali, uomini che hanno rapporti sessuali con uomini) e nella comunità più ampia, nonché nelle strutture sanitarie primarie e secondarie”.

Qualsiasi paziente con sospetto vaiolo delle scimmie, sottolinea ancora l’Oms, “deve essere indagato e isolato con cure di supporto durante i periodi infettivi presunti e noti, cioè rispettivamente durante gli stadi prodromici e rash della malattia”. Il “tracciamento tempestivo dei contatti, le misure di sorveglianza e la sensibilizzazione degli operatori sanitari, comprese le cliniche di salute sessuale e dermatologia, sono essenziali per prevenire ulteriori casi secondari e una gestione efficace dell’attuale focolaio. Inoltre – conclude l’Organizzazione mondiale della sanità – può essere presa in considerazione l’adozione di contromisure farmaceutiche nell’ambito di protocolli sperimentali”.

Si stanno monitorando attentamente i casi di vaiolo delle scimmie segnalati in Italia e che sarebbero al momento pochi ed il ministero della Salute ha allertato le Regioni per un tracciamento degli eventuali casi. Anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha attivato una task force per seguire al meglio l’evoluzione della situazione. Al momento nel nostro Paese non si registra una situazione di allarme ed il quadro è sotto controllo”. A dirlo all’Ansa è Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss.

“Attualmente la situazione è sotto controllo e in questo momento in Italia non abbiamo una situazione di allerta in relazione ai casi segnalati di vaiolo delle scimmie. Raccomandiamo però prudenza nei contatti stretti o sessuali – dichiara Palamara – che presuppongano uno scambio di fluidi corporei, soprattutto se sono presenti lesioni cutanee o sintomi febbrili”. L’Istituto, sottolinea, “ha messo in allerta le reti sentinella dei centri per le infezioni sessualmente trasmesse al fine di monitorare la situazione nazionale”.

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Costo del pellet sempre più alto, rincari a +175%. E fioccano anche le truffe

Cellulari in carcere: nascosti nello zucchero e distribuiti alla ‘ndrangheta. 50 indagati

Il costo del pellet per un sacco di 15 kg continua ad aumentare e si attesta, attualmente, sui 12 euro. Nel 2019 era di 4,50 euro. Occhio alle truffe

COSENZA – Non solo luce e Gas. Riscaldarsi per l’imminente arrivo della stagione fredda, utilizzando altri combustibili, è sempre più costoso. L’allarme per le famiglie italiane riguarda anche il prezzo delle legna ma sopratutto il costo del pellet abnorme e che ha raggiunto prezzi inaccessibili. Una recente inchiesta di Altrosonsumo parla di aumenti con punte del 300% dovuto ai costi di energia per produrre il pellet (essiccato, triturato e compattato da legna vergine) e agli altissimi costi di distribuzione. Il costo del sacco da 15 kg di pellet è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno, passando da una media di 5 euro a 12 euro.

Calcolatrice alla mano, per riscaldare un appartamento da 100 metri quadrati, una famiglia spenderà oltre 1.300 euro  in più nel 2022-2023. Ovvero il doppio, rispetto all’anno precedente. Inoltre, i rivenditori segnalano che per la prossima stagione ci sarà una disponibilità inferiore del 25-30%. A inizio ottobre, Altroconsumo ha effettuato un’indagine prezzi presso 65 punti vendita nelle province di Padova, Monza e Brianza, Bolzano, Reggio Calabria e Cagliari. Ciò che è emerso, in modo evidente, è che il prezzo medio per un sacco di 15 kg continua ad aumentare e si attesta, attualmente, sui 12 euro. Nel 2019 il prezzo medio era di 4,50 euro.

Secondo il Codacons, invece, i rincari arriverebbero ad un +175%. Sempre più famiglie hanno scelto di sostituire o integrare i tradizionali impianti di riscaldamento a gpl o metano con le stufe. Al punto che nei primi 5 mesi del 2022, secondo i numeri ufficiali, le vendite di tali prodotti sono aumentate del 28% rispetto allo stesso periodo del 2021, spiega il Codacons. Il pellet risulta uno dei combustibili più utilizzati per le stufe domestiche, ma il suo prezzo negli ultimi mesi ha subito una costante crescita. Un rincaro che fa salire sensibilmente i costi per il riscaldamento delle abitazioni. Considerata una casa di 100 metri quadri, la spesa per il pellet passerà da una media di 780 euro a famiglia del 2021 agli attuali 2.145 euro: un aggravio di oltre 1.300 euro. Un quadro di cui fanno le spese i consumatori italiani, costretti a spendere sensibilmente di più per i combustibili, anche quando scelgono fonti alternative al gas.

Ci sono diverse ragioni per le quali il prezzo del pellet è alle stelle e ha subito un rincaro così rapido e così importante. Naturalmente, non si può prescindere dalla crisi energetica causata dal persistere del conflitto tra Russa e Ucraina, principale fattore che ha provocato la brusca impennata. Per l’approvvigionamento, l’Italia è dipendente da altri Paesi da cui importa il pellet che però deriva da scarti di lavorazione del legno provenienti dalla Russia, dall’Ucraina e dalla Bielorussia. Inoltre, con l’aumento in tutto il mondo dei prezzi del gas naturale, in Italia anche il mercato del pellet ne sta risentendo.

Per risparmiare sui costi del gas, infatti, molti italiani hanno preso la decisione di investire in una stufa a pellet per provvedere al riscaldamento della propria casa. Ma questo ha fatto aumentare in maniera esponenziale la richiesta del pellet, il combustibile delle stufe. Molti produttori quindi, per poter accogliere un aumento di tale portata della domanda, stanno privilegiando il mercato interno facendo lievitare i costi. Infine, spiega altroconsumo, tutti i prodotti di consumo sono in aumento a causa dei costi del trasporto. Con il prezzo esagerato dei carburanti, anche il prezzo finale dei prodotti ha una tendenza sempre maggiore al rialzo.

Con i prezzi così alti, il rischio è quello di affidarsi a Internet o lasciarsi ingannare la offerte super convenienti che in realtà nascondono delle truffe sulla vendita del pellet contraffatto. Ultima quella scoperta dalla Guardia di Finanza di Crotone che ha portato al sequestro di 75 tonnellate. Veniva ommercializzato il pellet utilizzando indebitamente un noto marchio di certificazione europea (sinonimo di garanzia di qualità per il consumatore finale). Sulle confezioni erano indicati valori di “potere calorifico” notevolmente superiori a quelli reali. Certificazioni chimiche appositamente rilasciate che rendevano il prodotto più appetibile per i consumatori.

Inoltre, fioccano i siti truffa e pagine socuial con inserzioni pubblicitarie che attiarano gli utenti ad acquistare interi bancali a prezzi stracciati. Ma la merce, ovviamente non arriva mai a destinazione. Il consiglio è quello di continuare ad acquistare solo pellet certificato e di non improvvisare sostituzioni con altri combustibili non compatibili. Il rischio è quello di rovinare la stufa, aumentare le emissioni e le ceneri e compromettere la propria sicurezza. Attenzione, inoltre, anche a dove si acquista il pellet. In questo periodo si stanno diffondendo sospette inserzioni online spesso truffaldine. Come accorgersene? Se il prezzo è simile a quello dello scorso anno diffidate. È possibile che si tratti di prodotti importati illegalmente, diversi rispetto a quanto dichiarato. il rishcio è quello di pagare e non vedere mai arrivare il prodotto. Meglio sempre affidarsi alla distribuzione specializzata, anche se quest’anno la possibilità di stoccaggio e di scelta sarà sicuramente minore. Per il futuro, è sempre meglio acquistare in fase prestagionale, tra Maggio e Agosto, in cui i prezzi sono più bassi.

Un’inchiesta da poco chiusa dagli investigatori bolognesi in collaborazione con il nucleo investigativo della polizia penitenziaria

BOLOGNA – La squadra mobile di Bologna ha eseguito due misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di Simone Iacomino, 39 anni, ritenuto essere legato al clan dei Mazzarella e già detenuto, e di un 40enne campano, disoccupato e con precedenti alle spalle, individuato nell’ambito degli accertamenti che hanno portato gli investigatori, coordinati dal pm Roberto Ceroni e impegnati in collaborazione con il nucleo investigativo della polizia penitenziaria, a fare luce sull’introduzione di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti all’interno del carcere della Dozza: un’inchiesta da poco chiusa, con 50 indagati.

Secondo quando accertato dagli agenti, il 39enne, che ora non è più detenuto a Bologna, ma in un’altra città, avrebbe coordinato le operazioni per portare questi apparecchi, destinati anche a detenuti legati a Camorra e ‘Ndrangheta, all’interno della casa circondariale, l’altro era il ‘corriere’, come definito dagli investigatori, incaricato di recuperarli e di pensare alle sim. In maggio, durante un blitz alla Dozza, durante il quale furono impegnati un centinaio di agenti, oltre ad essere passate al setaccio celle e spazi comuni, furono ritrovati quindici telefoni cellulari e venne arrestato un 40enne, dipendente della Dozza, incaricato del sopravvitto e incensurato, che, come ricostruito dalla mobile, comunicava con il ‘corriere’ ed era l’incaricato di distribuire i telefonini che avrebbe nascosto anche in sacchi di zucchero.

Come riportano oggi quotidiani locali, la Procura ha chiuso l’inchiesta: scoperti, in poco più di un anno e mezzo, oltre cento telefonini e sim, cinquanta le persone indagate tra le quali ci sono 44 detenuti ancora in carcere e sei che, da liberi, sono stati denunciati. Tra le denunce anche quella a una avvocatessa che venne scoperta entrare alla Dozza, con alcuni cavetti per i telefonini nascosti nei capelli. Dovranno rispondere di accesso indebito a dispositivi di comunicazione e alcuni anche di spaccio.

Il latitante è considerato dagli inquirenti tra i più pericolosi ricercati d’Italia. Secondo le prime ricostruzioni avrebbe svolto attività di broker per conto della ‘ndrangheta

FIRENZE – Un latitante, considerato dagli inquirenti tra i più pericolosi ricercati d’Italia, è stato arrestato in Spagna, a Fuengirola (Malaga). Originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), 53 anni, ma radicato in Toscana e operativo nel porto di Livorno, secondo una nota della Procura di Firenze, avrebbe svolto attività di broker per conto della ‘ndrangheta. E’ stato arrestato lo scorso 11 ottobre in esecuzione di due mandati di arresto europeo, a seguito di due ordinanze emesse dal gip di Firenze, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’importazione di sostanze stupefacenti (sono stati sequestrati circa ottocento kilogrammi di cocaina stipati in container frigo), proveniente dal Sud America, e di fabbricazione di documenti di identificazione validi per l’espatrio falsi, aggravata dalla finalità di commettere altri reati.

All’uomo, secondo quanto ricostruito, sono stati notificati altri due mandati di arresto europeo: il primo per l’esecuzione di una condanna definitiva a anni 14 e mesi 4 di reclusione per traffico illecito di sostanze stupefacenti e concorso in riciclaggio; l’altro per l’esecuzione di una misura cautelare in carcere, emessa dal gip di Catanzaro, per importazione di ingenti quantità di cocaina, nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze con quella di Catanzaro e l’ausilio della Direzione nazionale antimafia. L’arresto è maturato grazie alla sinergia investigativa tra lo Scico della guardia di finanza, la Direzione centrale per i servizi antidroga, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia- progetto I -Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), l’Udyco centrai della policia national spagnola e le squadre mobili di Firenze e Livorno.

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